Esiste una forte correlazione tra l’amore per sé stessi e la capacità di aprirsi all’altro.
Questo è stato messo in evidenza dagli studi effettuati da John Bowlby, il quale, con la sua “teoria dell’attaccamento” dimostrò che l’amore verso di sé e il modo in cui entriamo in relazione con gli altri, dipendono da un’insieme di schemi che abbiamo appreso nella nostra infanzia.
Quando siamo portati a dire “era destino che ci incontrassimo” in realtà ci sbagliamo. In realtà il modello di comportamento che abbiamo acquisito durante la nostra infanzia diventa un’impronta che influenza poi gli attaccamenti futuri.
Se si è stati rispecchiati nel proprio valore, con figure di riferimento pronte ad accogliere i propri bisogni primari, si sviluppa una buona stima di sé e fiducia nei confronti dell’altro. Al. contrario, se le figure di accudimento sono state incostanti, negligenti o addirittura aggressive, questo si traduce in una bassa autostima e in scarsa fiducia del prossimo.
Questo dimostra che non solo esista un forte legame tra la quantità e la qualità di amore che abbiamo ricevuto e l’amore che oggi siamo in grado di dare a noi stessi, ma anche su ciò che ci aspettiamo dall’altro, ossia di essere amati o meritevoli di amore.
Partendo dunque da questo presupposto, in quale modo avviene la scelta del partner?
Ogni persona ha un copione psicologico che ha origine dai messaggi tramandati dalle figure genitoriali. La persona compie scelte fin da piccola in base al suo copione e questo determinerà la tipologia delle persone con le quali si entrerà in relazione da adulti.
Vi è mai capitato di dire o sentir dire da qualcuno “non so perché ma è come se lo conoscessi da sempre”? E siamo sempre più propensi ad attribuire al destino la giustificazione più plausibile a questo fenomeno, come se finalmente avessimo trovato l’anima gemella.
In realtà la spiegazione è da ricollegare al fatto che il processo di innamoramento è allacciato ai circuiti della memoria cognitiva ed emotiva delle nostre prime relazioni.
Quando andiamo a recuperare il materiale mnestico del modo in cui ci si è presi cura di noi e del modo in cui abbiamo sviluppato la nostra rappresentazione di noi, degli altri e del mondo, abbiamo davanti a noi tre possibilità, che corrispondono a tre diverse tipologie di attaccamento.
- Scelta influenzata dall’Attaccamento sicuro. E’ più probabile che una persona che nella sua infanzia sia stata accolta nei suoi bisogni, rispecchiata nel suo valore personale e riconosciuta come degna di amore, sia più propensa a ricercare un partner che abbia sviluppato lo stesso valore verso sé e verso gli altri. Sarà dunque capace di dare ed aspettarsi amore e rispetto, di ascolto e comprensione dell’altro.
- Scelta determinata dall’Attaccamento ansioso-ambivalente. Di solito queste persone sono alla ricerca di bisogni di conferma e di protezione che non hanno avuto dalle proprie figure di riferimento, andando alla ricerca di un partner che sia in grado di accudirli, dal quale dipendere. La formula tipica di questo schema è “ti amo perché ho bisogno di te”, esponendo la persona a potenziali legami di dipendenza affettiva, dove si sta bene solo in funzione dell’altro, arrivando ad assecondare quindi tutte le sue richieste. Questo può portare la persona a rendersi maggiormente vulnerabile anche alle richieste manipolative di soggetti narcisisti.
- Scelta collegata all’Attaccamento evitante. Tipico di chi ha avuto nelle proprie esperienze dell’infanzia figure di riferimento distaccate e anafettive, imparando dunque a cavarsela da soli senza il bisogno di nessun altro. Questo perché hanno fatto esperienza dell’attaccamento come qualcosa di doloroso (ogni volta che avevano bisogno dell’altro venivano rifiutati, o comunque l’altro non c’era) e in base a questo vissuto hanno pensato di non essere meritevoli di amore. In realtà sono individui che hanno un forte bisogno di essere amate ma che non sanno dimostrarlo. Se vanno alla ricerca di un partner alla fine scelgono una persona simile a loro, ossia poco propensa ad esprimere l’intimità. Se invece arrivano a legarsi con una persona affettuosa, questo avviene con lo scopo di creare una relazione che sia in grado di riparare quella che hanno avuto durante la propria infanzia.
La buona notizia è che questi timbri che ci portiamo dietro dalle prime esperienze infantili non sono marchiati con inchiostro indelebile, e si può lavorare affinché si sviluppi una buona dose di consapevolezza sulle dinamiche che si mettono in atto, in modo da poter modificare gli schemi disfunzionali con altri che siano più in linea con il nostro benessere.
Sebbene il nostro copione di vita sia determinato dalle scelte che abbiamo preso da piccoli, in ogni momento della nostra vita possiamo mettere in discussione quelle decisioni prendendone diverse.
Abbiamo solo da distinguere, consapevolmente, ciò che abbiamo imparato da ciò che realmente vogliamo, per noi stessi e nelle relazioni con gli alti.
Dott.ssa Maria Alice Salonis
Bibliografia:
Berne, E. “Analisi transazionale e Psicoterapia. Un sistema di Psichiatria Sociale Individuale” Astrolabio, Roma, 1971
Bowlby, J. “Una base sicura” Cortina Editore, 1988
Rogers, C. “Psicoterapia e relazioni umane” Boringhieri, 1970
Rogers, C. “Partners, il matrimonio e le sue alternative” Astrolabio, 1976
Stern, D. “La nascita del sé” Laterza, 1991
Stewart I., Joines, V. “L’analisi transazionale” Garzanti, 1987